Socrate

 Socrate 


Socrate non scrisse nulla, preferiva parlare con le persone senza la mediazione della scrittura.
Egli andava a parlare con gli uomini che sostenevano di sapere tutto, ma durante le conversazioni Socrate si rende conto che sanno solo una parte di quell'argomento e non tutto, quindi l'uomo che si riteneva sapiente non lo era perché non sapeva tutto.
Socrate era il più saggio di tutti, perché lui sapeva di non sapere, a differenza delle altre persone che si vantavano di sapere ogni cosa.  


Il metodo socratico
Il metodo adottato da Socrate si componeva da:
- un momento critico e negativo, ovvero l'ironia, dove poneva di continuo domande dicendo di non capire e sapere in modo da rendere l'uomo, consapevole della propria ignoranza;
- un momento costruttivo e positivo, ovvero la maieutica, il cui fine era quello di far capire quanto fosse importante ricercare sempre e incessantemente la verità, senza mai accontentarsi di cose superficiali. 


La virtù 
Per Socrate la virtù è conoscenza, si riferisce ad un sapere concepito come continua ricerca e riflessione su ciò che è bene fare per se stessi e per gli altri.
Il "bene" non è qualcosa di assoluto e definito, ma ciò che un'attenta analisi razionale della situazione ci fa comprendere come tale. 


La cura dell'anima
Per Socrate l'anima è la dimensione più profonda dell'uomo. è la sua personalità morale: guardando nell'anima l'uomo scopre ciò che è veramente bene fare. 
Socrate diceva di sentire la voce di un demone, che lo metteva in guardia da quello che doveva evitare. Il demone socratico viene interpretato dai critici come la voce della coscienza etica e civile dell'uomo o come una guida interiore trascendente e divina. 

Socrate lascia in eredità alla filosofia occidentale la prima concezione dell'anima come centro della personalità morale dell'uomo e la dottrina della cura dell'anima. 


La morte di Socrate
Socrate passò l'ultimo giorno della sua vita in compagnia dei suoi amici e discepoli. Dopo di che si reca nella sua cella, dove bevve la cicuta, un veleno, per non andare in esilio come previsto dalla condanna della democrazia ateniese. 



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